lunedì 7 maggio 2018

Partnership al progetto


INTERVISTA N. 1
1.   Nome, cognome, età e professione: Paola Cianfarani, 42, insegnante di disegno (fumetto, illustrazione) e fumettista/illustratrice/scultrice.
2.    Tipo di formazione: Liceo artistico. Una volta finito sono andata all’accademia delle belle arti ed ho preso il ramo scultura, però non l’ho finita perché comunque ero più propensa per il fumetto. Ho fatto un quasi un anno e poi ho lasciato, poiché ho iniziato nello stesso periodo la scuola di fumetto e quindi mi sono fatta prendere da tutto ciò che è il mondo del fumetto e dell’animazione.
3.    I tuoi obiettivi principali: Allora, sto aprendo una casa editrice, quindi tutto ciò che è inerente a quello per me è fondamentale. Quello è il mio obiettivo.
4.    Interessi e tempo libero: Gira sempre intorno al fatto che comunque i miei interessi sono quelli di disegnare. Nel tempo libero disegno e disegno anche quando il tempo non ce l’ho libero.
5.    Parere generale sul progetto: Io penso che sia una cosa particolarmente utile e carina, comunque alla fine è un posto utopico per chi ama il genere. Quindi io ci starei tranquillamente, anzi, se la casa editrice fosse quella mia, non ci sarebbero problemi.
6.    Quali tra gli spazi presenti nel progetto utilizzeresti di più? Sicuramente la fumetteria perché è un posto utile ed attirerebbe tantissimo le persone ed in più la scuola di fumetto, perché è una zona dove ci sono ragazzi che possono comunque incontrare altre persone con gli stessi identici sogni. E’ un posto che unisce.
7.    Se esistesse davvero, cosa ti aspetteresti da uno spazio simile? Sicuramente tantissimo, perché non esiste e se esistesse sarebbe fantastico. Non lo so, sarebbe davvero qualcosa di veramente bello, utopico per chi è amante di quel genere, ma anche per chi non lo è perché alla fine lo vai a vedere, perché è troppo interessante. Come ad esempio le fiere del fumetto, ma qui sarebbe tutto concentrato sul tema, ma comunque ben strutturato e ben organizzato rispetto alle fiere del fumetto.
8.   Se dovessi fare dei miglioramenti o dei cambiamenti, cosa faresti e perché: Allora sicuramente inserirei alcune cose, perché lo spazio per farlo c’è. E’ ben strutturato. Inserirei posti dove fare cosplay. Tantissimi ragazzi amano il cosplay, un mondo sempre inerente al fumetto, quindi si potrebbero organizzare delle gare con premiazioni o comunque cose di questo genere. Oppure, anche un ristorante insieme al pub. Il pub è più notturno e poi il ristorante sarebbe molto bello magari farlo a tema, la zona supereroi, ecc. In questa maniera, appena entri, puoi passare tutto il giorno lì, poiché avresti il tema di vedere la gara di cosplay e poi si potrebbe andare a mangiare al ristorante, oppure ci potrebbe essere un piccolo cinema. Si potrebbe invitare gente importante del settore e fare delle conferenze.
9.    C’è qualcosa che cambieresti totalmente? Sinceramente no. Mi hai completamente conquistato con il fatto dei moduli, diciamo. Mi piace troppo come è fatto, mi piace che comunque c’è il filare degli alberi in mezzo e attraverso il vetro ed il passaggio, chiamiamolo “ponte”, passa la luce solare ed è una cosa fantastica. Mi sono già immaginata che passo là sotto. Spettacolare.
10.   Nell’arco della giornata, quand’è che ti ci vedi in uno spazio del genere? Ma io ti parlo da disegnatrice, quindi da persona che vive in questo mondo, ci starei tutta la giornata. Cioè, è vero che dopo un po’ te ne devi andare, ma qui hai la possibilità di andare a mangiare, quindi io ci passarei le giornate. Anche la domenica, per esempio, la passerei lì perché è una cosa particolarissima. Se poi ci sono degli eventi, ancora di più.
11.   Opinioni sull’area, se va bene l’area scelta o se andrebbe cambiata, o se cambieresti completamente zona: Sinceramente no. E’ ben scelta, perché ti dà la possibilità di poter creare qualcosa e poi penso che è ben collegata, visto che c’è l’autostrada, la metro e la fermata del treno.
12.   Se non fosse in un’area facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, ci andresti lo stesso? Ti dico di sì perché comunque, amante del genere, andrei. Sono andata fino a Lucca per vedere un posto simile. Quindi lo farei tranquillamente, andrei alla ricerca di un posto del genere per trovalo.
13.   Uno spazio del genere, a chi può essere indirizzato? A tutti, o a un’utenza in particolare? Sicuramente tutti, perché piace a tutti. Cioè, il fumetto e l’animazione piace a tutti. Non posso dire che non piace, è troppo bello e abbiamo visto che funziona. 


INTERVISTA N. 2

1    1.  Nome, cognome, età e professione: Massimo Puccica, 28 anni, illustratore, scrittore, musicista…artista.
2.   Tipo di formazione: Liceo artistico. Ho fatto un anno alla sapienza, un anno alla Zecca e accademia delle belle arti.
3.   I tuoi obiettivi principali: Portare attraverso l’arte un contributo al mondo, che sia di idee per far creare uno scatto, che da una cosa piccola possa far muovere la gente sensibilizzandola e portandola ad un cambiamento. Utopico.
4.    Interessi e tempo libero: Fondamentalmente, tutto. Tutto quello che riguarda il cinema, la musica, le interazioni sociali viste dal punto dell’incontrare gente e dell’avere nuove storie da raccontare. I viaggi, documentarmi sulle esperienze nuove. Letteratura e, fondamentalmente trovo interessante qualsiasi cosa.
5.    Parere generale sul progetto: Sicuramente è interessante il connubio di cose che vuoi andare ad accorpare e mi incuriosisce l’idea di un’area del genere a Roma e non so quanto il precluderla soltanto a fumetteria possa essere utile alla finalità che vuoi raggiungere. Nel senso che, so che vorresti andare a prendere tutte le categorie.
6.    Quali tra gli spazi presenti nel progetto utilizzeresti di più? Allora, sicuramente il bar perché, diciamo, il caffè serve. Soprattutto in una struttura in cui lavorerei, la caffetteria è quella cosa che ti permette di staccare la spina senza andarla a cercare altrove e se è funzionale, ben venga per la creatività. Poi l’area alberata, all’aperto, se provvista di tavoli, e sicuramente anche l’area adibita proprio al disegno dove immagino di passarci gran parte del tempo. Poi l’area espositiva. Fondamentalmente tutte, cioè non c’è una parte dove non starei. L’unica parte che non ultilizzerei per il mio disinteresse personale, a meno che non debba controllare qualcosa, è l’area che riguarda la stampa.
7.    Se esistesse davvero, cosa ti aspetteresti da uno spazio simile? Allora, esattamente quello che proponi, poi vorrei un circolare di idee differenti. Quindi vorrei che nello stesso posto ci fossero anche conferenze e dibattiti, magari su tematiche artistiche o su quello che la casa editrice propone o su quelle che possono essere le attività da fare. Se c’è un circolare di idee e di persone, una moltitudine di persone, io, in un’area del genere, starei da paura.
8.    Se dovessi fare dei miglioramenti o dei cambiamenti, cosa faresti e perché: Per far sì che il progetto funzioni e per far sì che attragga diverse categorie di persone, dal mio punto di vista, è Carina l’idea del bar, carina l’idea delle serate e delle iniziative che vanno oltre la casa editrice e che si fanno la sera, però la parte di negozio, a mio parere, non può essere soltanto una fumetteria e dovrebbe ospitare pure una libreria. Così crei veramente un contatto tra quello che è il mondo del fumetto e magari quello che è il mondo al di fuori di questo…una libreria un po’ più particolare.
9.    C’è qualcosa che cambieresti totalmente? Dopo le migliorie che ho già consigliato, non cambierei nulla. L’unica cosa, lascerei un’area adibita a serate che possa ospitare anche della musica, perché se in un posto del genere tu vai a mettere dei tipi di serate dove, oltre l’esposizione artistica, hai magari un posto dove fanno o della musica dal vivo o qualche tipo di serate, allora quello che esponi diventa più vivo, attrae più persone e di conseguenza che succede, al di là del circolare delle idee, hai più vendita. Hai più vendita al bar, hai più possibilità di far notare quello che c’è esposto in galleria e attrai più gente.
10.   Nell’arco della giornata, quand’è che ti ci vedi in uno spazio del genere? Se fosse così come abbiamo detto fino adesso penso che non me ne andrei da lì 24 ore su 24. Me ne andrei a fare dei viaggi solo quando non ne posso più dell’area.
11.   Opinioni sull’area, se va bene l’area scelta o se andrebbe cambiata, o se cambieresti completamente zona: Penso che l’area sia una cosa indifferente se il progetto è una cosa funzionale, anzi, il fatto che stia in una zona degradata ma in ascesa, la rende più interessanti e più fruibile a tutto quello che è il pubblico giovanile. Questo soprattutto la sera. Per quanto riguarda il giorno, in riferimento alla parte lavorativa della cosa, potrebbe essere un problema per chi punta ad utilizzare l’area soltanto per lavorare, ma se i comfort che abbiamo descritto fino adesso, rimangono quelli, allora non dovrebbe essere un problema.
12.   Se non fosse in un’area facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, ci andresti lo stesso? Ci andrei lo stesso volentieri. Troverei il modo di andarci, soprattutto perché, come mi hai detto, hai delle stanze dove poter restare a dormire.
13.   Uno spazio del genere, a chi può essere indirizzato? A tutti, o a un’utenza in particolare? A tutti. A tutte le categorie pure perché se la finalità dell’area è allargare il commercio e far circolare le idee, l’area dovrebbe essere aperta a tutti.
14.   Visto che conosci il quartiere, cosa ne pensi del progetto in relazione alla zona? La prima cosa che verrebbe da pensare è che generalmente in quartieri del genere la cosa non potrebbe prendere piede. Invece, ci stanno un sacco di quartieri a Roma come ad esempio quello dei murales, di cui ora non ricordo il nome, dove sono successe delle cose simili. Praticamente c’erano delle case popolari in questo quartiere degradato dove hanno preso degli artisti per dipingere dei murales enormi e praticamente lì la cosa è stata accettata talmente bene dai residenti che le persone entrano nel complesso di case popolari a fare le foto alle case, ed ai proprietari sta bene. Quindi, sostanzialmente è stato dimostrato che un quartiere del genere è molto più adatto di un quartiere bene ad un progetto simile.


  

INTERVISTA N.3
1.  Nome, cognome, età e professione: Luigi Danti, 32 anni, consulente del lavoro.
2.  Tipo di formazione: Liceo scientifico. Laureato in economia e management.
3.    I tuoi obiettivi principali: Riuscire ad avere degli appalti per l’impresa aperta da poco ed, una volta stabilizzata la situazione, vorrei occuparmi di progetti più personali ed ambiziosi.
4.    Interessi e tempo libero: I fumetti, i libri, calcio e il cibo.
5.    Parere generale sul progetto: Bello, moderno. Un possibile punto di aggregazione per il quartiere.
6.    Quali tra gli spazi presenti nel progetto utilizzeresti di più? La sala comune al primo piano, altrimenti la caffetteria o i giardini intorno.
7.    Se esistesse davvero, cosa ti aspetteresti da uno spazio simile? Che fosse sempre vivo, pieno di gente e di iniziative interessanti.
8.       Se dovessi fare dei miglioramenti o dei cambiamenti, cosa faresti e perché: Aggiungerei una caffetteria.
9.    C’è qualcosa che cambieresti totalmente? Non saprei, mi piace così com’è.
10.   Nell’arco della giornata, quand’è che ti ci vedi in uno spazio del genere? Nel tempo libero, a comprare libri o fumetti e quando c’è qualche iniziativa interessante.
11.   Opinioni sull’area, se va bene l’area scelta o se andrebbe cambiata, o se cambieresti completamente zona: E’ una zona dove c’è del potenziale inespresso.
12.   Se non fosse in un’area facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, ci andresti lo stesso? No, effettivamente le difficoltà nel raggiungere un posto mi scoraggiano.
13.   Uno spazio del genere, a chi può essere indirizzato? A tutti, o a un’utenza in particolare? A chiunque abbia interesse nei fumetti, libri, disegno ecc, ma anche a tutto il quartiere, come se fosse una pizza, un giardino, un parco pubblico. Un posto dove incontrarsi.
 







giovedì 12 aprile 2018

SCACCHIERA


ROBIE HOUSE – WRIGHT
Wright nasce nel 1867 nel Wisconsin. Nel 1876 vede per la prima volta i giochi fröbeliani durante l’esposizione per il centenario di Philadelphia. Ero cartoni e volumi colorati che potevano essere combinati in infiniti modi sia bidimensionalmente che tridimensionalmente. Wright stesso, parlando di questi giochi disse: “i lisci triangoli di cartone e i levigati blocchetti di acero restarono impressi nella mia memoria infantile e costituirono un’esperienza indimenticabile.” Infatti, Wright nella sua progettazione assume una griglia spaziale con la quale, giocando, egli crea gli ambienti e il rapporto dell’edificio con l’intorno.
Altro imprinting dell’architetto è senz’altro la prateria del Midwest in cui ha passato la sua infanzia. La valle, l’orizzonte infinito, le tessiture degli aratri sulle pianure e la tranquillità e l’armonia di quegli spazi diventano i punti chiave della sua architettura. La griglia per Wright diventa uno strumento di libertà attraverso il quale rappresentare un’architettura che non è più rinchiusa in una scatola, ma vive in simbiosi con ciò che la circonda.
I progetti di Wright possono essere suddivisi in 4 grandi fasi, di cui la prima è quella delle Prairie Houses (case nella prateria), che va dal 1900 al 1911 circa. Nel 1908, in un numero di Architectural Record, Wright scrive: “Noi del Midwest viviamo nella Prairie. La Prairie possiede una bellezza che è la propria. Dobbiamo capire e accentuare questa bellezza naturale, questa distesa tranquilla.” Ecco perché in queste architetture ritroviamo come elemnti fissi tetti bassi, con una leggera pendenza, costruzioni basse e i muri che prolungano le case, circondando i giardini privati. Nella sua Autobiografia afferma che amava “istintivamente la Prairie, per la sua grande semplicità – gli alberi, i fiori, il cielo stesso, formavano un contrasto affascinante. Mi resi conto che nella Prairie il più modesto rilievo sembrava alto – ogni particolare acquistava verticalità, le ampiezze si riducevano. Ebbi l’idea che i piani orizzontali negli edifici appartenessero al terreno. Cominciai a mettere in pratica quest’idea.” E sono proprio questi pochi “principi” che egli utilizza nel progettare le case nella prateria. Altra novità, che si svilupperà poi nelle architetture successive è la “pianta aperta” con grandi spazi continui articolati da artifici architettonici, anziché divisori o porte. Altra novità era il rispetto e l’amore che Wright aveva per la natura, egli, infatti, riteneva opportuno salvaguardare la distesa lunga e piatta della prateria, lasciata alla sua semplicità originaria in periferia, costruendo un livello superiore da cui era possibile ammirarla in tutto il suo splendore.

Giochi di Fröbel


Robie House 


Studio dell'impianto 


Bang!

giovedì 5 aprile 2018

IMPRINTING


Il mio imprinting l’ho avuto nell’età dell’infanzia. Quando avevo 4, 5 anni, ho vissuto in campagna con mia nonna. Ho sempre pensato che nella zona in cui ho casa in Romania non ci fosse nulla di particolare, un fiume che attraversa un’immensa pianura caratterizzata principalmente da colture miste e, ogni tanto, qualche distesa boscosa. Mi è sempre sembrato tutto piatto, orizzontale e privo di attrattiva. Abituata sin da piccola a questo tipo di paesaggio, non ho mai dato troppa importanza a ciò che mi stava attorno, né ho mai cercato di leggere con più attenzione quello che mi circondava. O almeno così è stato finché non sono venuta a vivere in Italia. Da allora, ogni anno che tornavo a casa, guardavo il paesaggio e la mia città con occhi diversi, inizialmente con gli occhi nostalgici di chi vive lontano da casa e successivamente con gli occhi curiosi di chi, anno dopo anno, riscopre la propria terra. Proprio in questa fase, un bel pomeriggio estivo, ero in campagna, dove ho vissuto alcuni anni della mia vita, e, camminando in mezzo ai campi mi accorgo di una cosa ai miei occhi stupefacente. Sin da piccola, quando mi portavano al paesino dove vivevo con mia nonna, lungo la strada osservavo dal finestrino i campi, non riuscendo mai a vedere il paesino, che appariva magicamente davanti ai miei occhi, così, di punto in bianco, e poi, così come era apparso, scompariva ogni volta che andavo via. Ogni volta cercavo di capire il trucchetto ed ogni volta mi sorprendevo di questa meravigliosa “magia” che avveniva sotto i miei occhi da bambina. Era come se quel piccolo villaggio, pieno di vita, fosse coperto da una strana teca che lo nascondeva al resto del mondo, quasi a proteggerlo. Ecco, quel pomeriggio, mi sono resa conto della magia: il paesino si è sviluppato all’interno di un avvallamento. Quest’enorme pianura è interrotta da questo avvallamento e da sopra è impercettibile la presenza dell’intero paesino, che si è sviluppato longitudinalmente all’interno di questo spazio. Al di fuori dell’avvallamento lo spazio antropico rimane intatto, l’orizzonte è libero a 360° e a pochi passi c’è la vita costruita dall’uomo, nascosta e protetta dalla propria terra e che allo stesso tempo cerca di rispettare, senza andare ad intaccare, questo orizzonte infinito, che difficilmente si riuscirebbe a trovare altrove. Non mi ero mai accorta di come questo posto a me tanto caro mi avesse influenzato, ma durante la lezione sull’imprinting mi è bastato un attimo, senza alcuna esitazione, a capire che quello è stato il mio imprinting. La predilezione verso un paesaggio antropico quasi intatto, verso orizzonti liberi ed infiniti ne è la prova. Inoltre, altra caratteristica che sono solita amare nelle architetture e che cerco, quando è possibile, di inserire nei miei progetti è la frammentarietà, l’isolato, il singolo. In Romania, infatti, prevalgono due tipi di abitazioni: i grandi palazzi multi piano e le case unifamiliari ad uno o due livelli al massimo, dove io ho vissuto. Questa cosa mi è rimasta ancor di più in mente dal paesino di campagna, dove c’erano tutte case monofamiliari con un unico livello.

Caratteristiche: orizzonale, nascosto, frammentato

SCHIZZI